Dopo la scomparsa dell’imprenditore un anno fa, Francesco Milleri, l’ex braccio destro, è stato incaricato di continuare la lotta per separare la compagnia da piazzetta Cuccia.

La situazione per il controllo di Generali di Trieste, la più grande compagnia assicurativa del paese con oltre 500 miliardi di attività in gestione, sta cambiando. L’autorità di vigilanza assicurativa, l’Ivass, ha concesso il permesso alla Delfin, la holding finanziaria della famiglia Del Vecchio, di aumentare la sua quota di capitale in Generali oltre il 10%. Questa richiesta era stata presentata discretamente il 17 aprile, poiché Delfin aveva superato “involontariamente” la soglia del 10% a causa del riacquisto di azioni proprie da parte di Generali. Nonostante avesse la possibilità di vendere una piccola parte delle azioni per tornare sotto il 10%, Francesco Milleri, il manager che guida la cassaforte degli eredi di Leonardo Del Vecchio, ha deciso di puntare più in alto. Di conseguenza, ha ottenuto l’autorizzazione per detenere una quota superiore al 10% del capitale sociale di Generali secondo la delibera 54 dell’Ivass.

Questo sviluppo potrebbe avere un impatto significativo sulle battaglie finanziarie che si sono combattute attorno alla galassia Mediobanca-Generali sin dai tempi di Enrico Cuccia. A poco più di un anno dal duro confronto tra i soci durante l’assemblea del 2022, i giochi potrebbero riaprirsi. Un anno fa, un gruppo di azionisti composto da Leonardo Del Vecchio, Francesco Gaetano Caltagirone, la famiglia Benetton, la Fondazione Crt e altri piccoli imprenditori aveva sfidato apertamente la lista promossa dal consiglio di amministrazione e sostenuta da Mediobanca, il primo azionista di Generali con il 13% delle azioni. Il gruppo degli sfidanti aveva perso, raccogliendo quasi il 30% delle azioni, mentre la lista del consiglio aveva vinto con oltre il 40%, grazie al sostegno degli investitori di mercato. Di conseguenza, l’amministratore delegato Philippe Donnet era stato riconfermato per altri tre anni nel suo ruolo.

Tuttavia, ora le cose potrebbero cambiare. Se Delfin, avendo ottenuto il permesso dall’Ivass, incrementasse la sua partecipazione fino quasi al 20% nei prossimi mesi, con una notevole spesa economica, gli equilibri potrebbero ribaltarsi al prossimo conteggio delle azioni. Tuttavia, un primo test su ciò che potrebbe accadere in futuro avverrà presto durante il rinnovo dei vertici di Mediobanca, programmato per ottobre. Le due partite sono strettamente intrecciate poiché Piazzetta Cuccia detiene il 13% di Generali, quindi controllare a monte significa avere un notevole potere anche a valle.

Del Vecchio aveva intuito correttamente la situazione e, essendo un azionista di lunga data in Generali, nel 2019 aveva iniziato ad acquistare azioni di Mediobanca. Questo perché il socio storico Unicredit aveva abbandonato la banca d’affari, lasciandola in balia degli eventi. La scalata di Del Vecchio a Mediobanca, prima raggiungendo il 10% e poi il 20% del capitale, è stata influenzata anche da motivi personali. In particolare, la sua irritazione nei confronti del management della banca per aver ostacolato il suo piano di investire 500 milioni di euro nell’Istituto Europeo di Oncologia (IEO), fondato da Umberto Veronesi, per svilupparlo ulteriormente come polo d’eccellenza a livello internazionale.

Acquistando il 20% di Mediobanca, Del Vecchio ha issato una nuova bandiera italiana nell’azionariato della banca d’affari, che stava perdendo pezzi (anche il francese Bolloré ne è uscito dopo venti anni). Allo stesso tempo, ha eretto un muro di protezione intorno a Generali, impedendo a qualche grande gruppo assicurativo o finanziario di scalare la compagnia attraverso le porte meno costose di Mediobanca.

Tuttavia, la partita si sta riscaldando ancora di più. Secondo le disposizioni della BCE, quel 20% di Delfin non può diventare una quota di controllo e gestione di Mediobanca. Una banca può essere controllata solo da un soggetto vigilato dalla Banca d’Italia, e nessun gruppo imprenditoriale singolarmente può controllare la maggioranza dei voti della lista vincente durante l’assemblea. Pertanto, in vista dell’assemblea di ottobre che determinerà la futura guida di Mediobanca, sono in corso manovre finanziarie. Caltagirone ha acquistato azioni e ha raggiunto poco meno del 10%, alcuni rumor suggeriscono che anche i Benetton, come hanno già fatto in Generali, abbiano raccolto un pacchetto di azioni di Mediobanca vicino al 5%. Inoltre, altri imprenditori come Danilo Iervolino hanno spostato i loro interessi verso Piazzetta Cuccia, in una sorta di manovra a tenaglia.

In pratica, c’è un gruppo di azionisti che potrebbe contare su circa il 40% del capitale e che aspira a ottenere il controllo del consiglio di amministrazione. Tuttavia, senza un accordo con il consiglio uscente, dovrebbero innescare un’altra battaglia simile a quella combattuta un anno fa in Generali, rischiando una nuova sconfitta. Alberto Nagel, CEO di Mediobanca, ha già dimostrato di avere il sostegno del mercato grazie a utili consistenti e generosi dividendi.