Le imprese mostrano una scarsa consapevolezza dei pericoli associati ai cambiamenti climatici. Al contrario, le compagnie assicurative devono impegnarsi nell’investimento in tecnologia e nella creazione di nuove polizze ambientali. Inoltre, le assicurazioni affrontano un costo di 35 miliardi di dollari a causa delle catastrofi naturali. Con il cambiamento climatico in corso, l’Italia rischia un impatto economico di 58 miliardi di euro.

In Italia, circa una su tre delle imprese è esposta a possibili perdite economiche a causa di fenomeni naturali estremi, che sono destinati ad aumentare in frequenza a causa dei cambiamenti climatici. Attualmente, la perdita media annua per inondazioni, terremoti, frane e venti estremi rappresenta circa lo 0,65% del fatturato aziendale, ma si prevede che crescerà dell’8% entro il 2050.

Questo rischio è ulteriormente aggravato dal fatto che l’Italia è significativamente sottosviluppata assicurativamente per quanto riguarda le conseguenze del cambiamento climatico rispetto alla media degli altri principali paesi europei. Questo è il quadro che emerge da uno studio analitico condotto da Crif-Red in collaborazione con Qbe Italia e con il patrocinio dell’Associazione Italiana Insurtech (Iia), che considera l’impatto del cambiamento climatico sui cittadini e sulle imprese come una delle sfide più significative per il settore assicurativo.

L’Italia si trova in una posizione di particolare vulnerabilità rispetto ai rischi.

Nel corso del solo anno 2021, i disastri naturali hanno causato più di 10.000 morti e danni economici per oltre 250 miliardi di dollari in tutto il mondo. L’Italia è particolarmente esposta ai rischi climatici e ambientali a causa delle caratteristiche del suo territorio, che presenta elevati livelli di rischio sismico, alluvioni e frane.

Inoltre, si aggiungono i fenomeni legati alle alte temperature che interessano molte parti della penisola, come la siccità, lo stress idrico e le ondate di calore. La situazione è ulteriormente complicata dal fatto che il tessuto economico italiano è caratterizzato dalla presenza di numerose piccole e medie imprese, spesso concentrate in distretti industriali localizzati in specifiche zone geografiche, rendendole particolarmente vulnerabili e meno preparate nella percezione dei rischi derivanti da fenomeni naturali legati al clima. Questo è stato sottolineato da Alessandro Viterbori, commercial combined portfolio manager di Qbe Italia.

Secondo il rapporto Crif-Red, la pericolosità legata ai rischi naturali non è uniforme su tutto il territorio italiano.

Nelle zone montuose, in particolare nelle Alpi, il rischio frane colpisce in modo significativo, con il 40% delle aziende nelle province di Aosta, Sondrio, Trento e Belluno esposte a un alto livello di rischio.

Le province nella bassa valle del Po, come Rovigo e Ferrara, sono particolarmente minacciate dalle inondazioni. Le zone costiere a bassa altitudine, come Gorizia, e le aree soggette a piogge torrenziali e inondazioni improvvise, come Genova e Catania, sono anche ad alto rischio di alluvioni.

Le forti precipitazioni sono un pericolo particolare per la provincia di Verbano-Cusio-Ossola, che presenta rischi sia di forti nevicate che di grandine. Lecce e Siracusa seguono nella classifica, dove il regime di precipitazioni è intenso e le grandinate sono frequenti.

Secondo quanto evidenziato da Crif, le ondate di calore e lo stress idrico, spesso sottovalutati, sono i fenomeni in maggior crescita e sono strettamente legati al riscaldamento globale.

In particolare, l’aumento delle temperature avrà un impatto significativo sulle province del Sud e della valle del Po. Le ondate di calore potrebbero causare perdite fino al 7% delle imprese italiane, un valore che raggiungerebbe addirittura il 55% nel Sud Italia.

Per quanto riguarda i settori più colpiti, si segnalano l’agricoltura, il commercio e la logistica, mentre i servizi mostrano una maggiore resilienza, pur avendo oltre il 25% delle imprese esposte ai rischi climatici.

Le imprese non possiedono una adeguata consapevolezza dei rischi ambientali.

Inoltre, le imprese non hanno una percezione accurata dei pericoli ambientali e tendono a sottostimarli, risultando così sottassicurate contro gli eventi estremi. Ad esempio, secondo gli ultimi dati dell’Ania, solo il 5% delle abitazioni in Italia è coperto dai rischi ambientali e climatici.

Di conseguenza, le compagnie assicurative sono chiamate a sviluppare nuove offerte nel settore della proprietà, dell’interruzione delle attività e della responsabilità, offrendo soluzioni di protezione innovative. Questo permetterà di rispondere alle nuove esigenze dei clienti, contribuire a migliorare la resilienza del sistema e svolgere un ruolo chiave nella sfida globale della sostenibilità.

In particolare, si stima che gli operatori assicurativi europei dovranno investire almeno 400 milioni di euro, secondo le stime dell’Iia, per sviluppare nuove tecnologie nel campo dell’innovazione spaziale (come ad esempio l’utilizzo di dati satellitari per monitorare in tempo reale i cambiamenti climatici), intelligenza artificiale e big data. Queste tecnologie aiuteranno a mappare i rischi legati ai disastri ambientali e a offrire servizi e polizze adeguate.